Il paesaggio urbano è interpretazione del luogo. Il paesaggio (urbano) ci viene incontro parlando con i SEGNI disposti, nei secoli, sul suolo. Riconoscere i segni permette la costruzione di un tessuto interpretativo che fa scaturire dal suolo il Paesaggio (Il Paesaggio urbano).
Il polittico del veneziano Jacobello del Fiore rappresenta una Teramo congelata al 1434 nella sua forma TRAPEZIA. Su questa immagine soffermiamo la nostra attenzione. La Teramo di Jacobello (ovvero la rappresentazione che Jacobello mutua da un disegno fornitogli) può essere descritta come un CONTENITORE (le mura) ed un CONTENUTO (tre chiese, varie case, un campanile, il palazzo vescovile).
Per intendere i sedimenti depositatosi nei secoli sulla propaggine collinare, di forma trapezia, compresa tra i due corsi d’acqua (Tordino e Vezzola) e che ne hanno fatto una INTERAMNA, aiuta soffermarsi su tre eventi storici che hanno segnato la morte e resurrezione della città. Ovvero come detta propaggine abbia, plasticamente, assorbito le trasformazioni e come esse abbiano inciso il suolo e come ancora oggi risuonino nella forma attuale.
I tre momenti storici sono: il devastante terremoto del 346 d.C., l’incendio della città del 1156, l’approvazione del “Piano di risanamento” di Santa Maria a Bitetto del 1939.
Tre occasioni in cui la città ha dovuto ripensare se stessa.
Nel primo caso, dopo lo splendore di età imperiale, dal terremoto del quarto secolo, e per due secoli successivi, si ha una significativa contrazione della città fino ad avere un’estensione non superiore a cinque ettari, ma con una ridefinizione morfologica ancora oggi determinante in cui concorrevano, come memorie, gli elementi architettonici del I e II secolo d.C.
Nel secondo caso, quando il Loretello bruciò la città questa era già stata ricostruita dal feudatario Teodino. Il vescovo Guido II, con lungimiranza incredibile, trasformò il drammatico evento in un’occasione di rinascita urbana. La scelta della localizzazione per la costruzione della nuova Cattedrale di santa Maria fu una grande operazione urbanistica che segnò il destino urbano per i secoli a venire.
Nel terzo caso, i retorici sventramenti degli anni trenta del Novecento hanno dato delle lacerazioni con le quali ancora oggi facciamo i conti, ma che allo stesso tempo hanno prodotto quei luoghi centrali ormai caratterizzanti la teramanità quali le due piazze centrali e le vie confluenti.
Tre momenti devastanti in cui la città ha saputo rispondere, conformemente alle epoche storiche, con scelte urbanistiche che hanno influenzato la forma urbis sino ad oggi: SEGNI che concorrono al paesaggio urbano attuale.
Oggi siamo davanti ad un altro momento drammatico. Terremoti, dal 2009 al 2017, hanno segnato la carne e lo spirito dei teramani.
La città ha sofferto e soffre.
Perché tutto questo dolore non sia solo motivo di disperazione si deve pensare un’azione di sublimazione in cui una possibilità è data da un intervento progettuale alla scala urbana.
Le azioni urbanistiche possono essere varie.
Una di queste coincide con il riportare le scuole nella città storica.
Si individuano due luoghi per due distinti poli scolastici.
Il primo nel recinto di “Regina Margherita”.
Il secondo nel sedime dell’ex stadio comunale.