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Se si dubita che i così detti riferimenti storici possano, o non, essere utili significa che nella città lineare le cose sono diverse, una difformità non solo rispetto alla città storica ma anche in relazione a quanto abbiamo imparato a conoscere della periferia storica (si accettino queste generalizzazioni). Il problema degli strumenti appropriati per questi luoghi non è solo riferito alla regione Abruzzo, ma vale per tutto il centro sud che ha situazioni territoriali molto simili.Le strade. Altro esempio assiomatico di strada sono le Ramblas (nel loro insieme, come successione policentrica di eventi, sia negli ambiti specifici come nel tratto Estudis-Sant Josep, nella complessità spaziale Betlem-Moja – Virreina-Boqueria – Palau Nou) illustrazione esemplare dell’aprirsi e del chiudersi di uno spazio lineare verso estensioni laterali. Detto in altro modo: derive dei manufatti verso la più grande unità spaziale della strada che raccoglie il confluire dai suoi margini. Una strada pensata come un edificio6 (pubblico) è tale quando è progettata insieme agli edifici che la definiscono (si pensi anche al progetto per la Libera Università di Berlino di Candilis, Josic e Woods7).

C’è una interessante intervista di Peter Eisenman a Richard Serra, in Lotus 194. I due sembrano non capirsi, anche se usando un differente linguaggio danno la sensazione di parlare della stessa cosa. Si discute dell’idea di spazio, e della interpretazione/costruzione di questo, attraverso il posizionarsi degli elementi costruiti (le lame) e del radicamento di questi al suolo. Alla fine dell’inervista, dice Serra, conta solo «come il lavoro cambia il sito». Lasciata la strada, vi è tutto il sito che attende. Opere come Shift di Serra o le grandi spirali fatte negli anni settanta da un Richard Long o da un Robert Smithson, o il progetto per Roden Crater di James Turrell, altro non sono che possibili letture d’ambiente. Letture che, attribuendo un significato al paesaggio, ne svelano o la bellezza o l’assenza di questa. Trattasi di letture fatte utilizzando lingue diverse, in un risultato che necessariamente ci condurrà ad un meticciato progettuale: un europanto. Mélange di lingue occidentali, possibili evoluzioni dagli inaspettati risultati8. A ciò si dovrà necessariamente giungere parlandoci, la trasversalità, di un’azione sincronica che porta a risuonare ambiti e/o strategie alla scala comunale/provinciale. Una scultura alla scala territoriale, un’operazione di land art i cui risvolti, economici, interessano ovviamente la città territorio, estesa oltre i limiti del singolo comune della cittadina lineare costruita sulla strada statale, figlia di quella storica sulla collina. Saranno operazioni interstiziali tra un’infrastruttura e l’altra, oppure di respiro più ampio. Saranno operazioni per consolidare la bellezza dei luoghi alla cui definizione ormai appartengono le infrastrutture; ovvero quelle stesse opere d’ingegneria che, entrate nel nostro quotidiano senso del paesaggio, vanno ora intese come un outil della composizione territoriale.

Si è detto del possibile senso contemporaneo dello spazio stradale e di come nella iterazione parallela dei sistemi viari si formino luoghi nei quali sperimentare il concetto di uno spazio collettivo trasversale. Un esempio eloquente di cosa possa essere «trasversalità» è nella idea lecorbusiana delle 7V. Il primo disegno di pag. 92, del quinto volume dell’ Opera Completa, lo esemplifica assiomaticamente. Così si legge: «Voici comment un morceau de territoire consacré à l’habitation est irrigué par les 7 voies agissant ici, en urbanisme, comme agissent en biologie un système sanguin, un système lymphatique, un système respiratoire, etc… Organes précis au sein d’un organisme ils créent de l’ordre (…) capables de régler la circulation moderne». Poi la voie 7, ovvero quella che potremmo chiamare la via trasversale, « reliée aux V 6 et V 4, elle alimente les zones vertes réservées aux lieux et aux locaux consacrés à la culture du corps et de l’esprit, c’est-à-dire: les écoles, les ateliers de jeunesse, les clubs, les terrains de sport, etc. ». La catalogazione delle 7V9 è utile nella fase di enunciazione teorica del tema della trasversalità perché riconduce ad un ambito generale ove il caso specifico della Valle del Pescara sembra calarsi perfettamente. Si potrebbe dire Vallée de Zlin o Valle del Pescara, confondendosi.

1 Questo scritto è un contributo alla ricerca IN-FRA http://www.in-fra.polito.it/

2 Anche la realtà adriatica presenta in modo fortemente connesso alla geografia il tema del rapporto tra forme insediative ed infrastrutture.

La forte analogia è determinata dalla comune intenzione di individuare, nei termini dell’architettura, il rapporto tra sistemi infrastrutturali lineari e sistemi insediativi – concentrati ed estesi, a questi collegati – all’interno di un generale intento di costruire i percepibili nodi di centralità di un insieme urbano multipolare.

Se osserviamo il caso della valle del Pescara – che rappresenta modalità tipiche di molte parti del versante adriatico – troviamo due categorie di infrastrutture lineari: il sistema multiplo (autostrada, superstrada, ferrovia, vie consolari) lungo la valle del Pescara e l’altro – ortogonale al primo – formato dalla ferrovia e dalle armature stradali ai suoi margini. Questi due sistemi infrastrutturali, che formano appunto una T, coincidono con l’altra T, individuata dal rapporto tra valle e costa, e rappresentano, quasi emblematicamente, la stessa sostanza originaria, fondata sulla natura, delle grandi relazioni spaziali che hanno determinato la stessa nascita di Pescara e l’attuale estensione lungo la valle.

Giuseppe Barbieri, Architettura Per Metropoli Piccole. Transeuropa/Interspazi, Ancona l999. Pgg.67-68

3 Parola chiave: la sezione

C’è la necessità di pensare architettonicamente il progetto della sezione dell’infrastruttura. Ma anche il progetto di una sezione più estesa che consenta di mettere in rapporto l’infrastruttura con il territorio che attraversa.

È così forte il potere attrattivo del sistema lineare, che solo il progetto, come svelamento di un’alternativa, ne può rompere l’autoreferenzialità. Occorre verificare la possibilità dell’utilizzazione, in casi come questi, di un generale princpo d organzzazone spaziale collegata alle infrastrutture lineari: la trasversalità.

Appare cioè implicito alla presenza di una grande infrastruttura, o ancora di più, di fronte ad un fascio di reti lineari, porsi la questione non tanto o soltanto della maniera in cui un percorso pedonale e carrabile attraversa questo fascio, quanto di quali territori altri possano essere coinvolti nella organizzazione della nuova struttura insediativa, rompendo la cogenza a dislocare, come usuale, gli eventi – i principali fatti urbani – lungo il sistema lineare.

L’occasione offerta dalle trasformazioni metropolitane, e che l’architettura può cogliere e rilanciare, è quella di poter attribuire un valore a quanto si trova al di là dell’immediata influenza lineare della strada, facendo sì che il sistema delle trasversalità – perché di sistema dovrà trattarsi – possa definire una sorta di specificità delle diverse parti o tratti del tracciato, ancorando quest’articolazione ai caratteri propri non solo della strada, ma dell’invaso naturale che questa percorre e che un’organizzazione spaziale trasversale riconoscerà nei suoi limiti, nella sua figura e modalità insediative.

Giuseppe Barbieri, op.cit.

4 A street wants to be a building scrive Louis Kahn (Midtown development – Market street East, Philadelphia, PA 1961-1962. in Louis I. Kahn Complete Work 1935-1974. Birkhäuser Basel Boston 1987; pag. 36.) – cosa significa questa affermazione ?

5 «Among the various situationist methods is the dérive (literally: ‘drifting’), a technique of transient passage through varied ambiances. the dérive entails playful-constructive behavior and awareness of psychogeographical effects; which completely distinguishes it from the classical notions of the journey and stroll. In a dérive one or more persons during a certain period drop their usual motives for movement and action, their relations, their work and leisure activities, and let themselves be drawn by the attractions of the terrain and the encounters they find there. The element of chance is less determinant than one might think: from the dérive point of view cities have a psychogeographical relief, with constant currents, fixed point and vortexes which strongly discourage entry into or exit from certain zones». Guy Debord, Theory of the Dérive, in Situationist International Anthology. Edited and translated by Ken Knabb. Berkeley, California 1981, pag.50

6 Sulla storia dello sviluppo della idea di strada come forma costruita, quindi le esperienze degli Smithson e del Team 10, sul tema della mega struttura, sulla galleria lineare, su i grandi blocchi perimetrali,sul progetto di Kahn a Filadelfia, ecc. si rimanda al dettagliato scritto di Kenneth Frampton, La calle genérica como forma construida continua, in Stanford Anderson, Calles, problemas de estructura y diseño. Editorial Gustavo Gìli, S.A. 1981 Barcelona.

7 Team 10 Primer. Edited by Alison Smithson for Team 10, in Architectural Design December 1962.

L’articolo di A.S. è costruito come un nastro sul quale si rincorrono esempi vari di edifici inquadrabili nell’ottica del mat-building, appaiono progetti chiave, e parole chiave che esemplificano il significato dell’idea. Punto di partenza è il progetto per la Libera università di Berlino (per il quale si veda anche A.D. 1/74) di Candilis, Josic e Woods , per continuare, con altri loro progetti di per Fort Lamy, Bochum, Francoforte, Bilbao, Tolosa ….

Progetti in cui: «We perpetuate an environment where some things are central and others are not, without however, any competence for determining which things belong to which category. (…) The parts of a system take their identity from system. (…) the system will have more than the usual three dimensions. They will include a time dimension. The system will be sufficiently flexible to permit growth and change within themselves throughout the course of their lives. The system will remain open in both directions, (…) We feel that Web, by which word we mean to designate Stem to the next degree, may provide a way to approach the search for system and, hence, for a true poetic discovery of architecture» (A.S. op.cit.,pag 580). Parole chiave come web, stem. « (…) this structure or stem includes all servants of homes, all the prolongements du logis; commercial, cultural, educational, (…). The process of planning from stem to cluster will tend to re-establish density and scale in habitat» (A.S. op.cit.,pag 581) . La lettura dei progetti collocabili nell’ambito della idea del mat-building continua con riferimenti agli edifici museali a crescita illimitata di LC o con gli esempi miesiani di uso del patio nella residenza o negli edifici universitari (pag. 587).

8 L’europanto: Une langue extrêmement drôle inventée par jeu par Diego Marani, traducteur au Conseil des ministres de l’Union Européenne à Bruxelles. Cet Italien qui maîtrise parfaitement plusieurs langues européennes (français, anglais, néerlandais, finlandais) affirme que l’europanto se parle tous les jours dans les couloirs de l’UE entre les 20 000 «eurocrates» – «Tout le monde mélange toutes les langues» – et qu’il n’a fait que pousser cette logique à l’extrême. La deuxième, c’est un échantillon du parler des rues de Dakar, un mélange de français et de wolof, une langue hybride de plus en plus parlée dans la capitale sénégalaise.

Ces deux idiomes sont-ils vraiment les premiers signes des langues que nous parlerons demain, ou juste d’éphémères épiphénomènes ?

9 LC / OC 1946-1952 pag.92

  Fig. 7 L’irrigation du territaire par les 7 V

Voici comment un morceau de territoire consacré à l’habitation est irrigué par les 7 voies agissant ici, en urbanisme, comme agissent en biologie un système sanguin, un système Iymphatique, un système respiratoire, etc… En biologie, ces systèmes sont établis rationnellement, fonctionneliement; ils sont dinérents les uns des autres; il n’y a pas de confusion entre eux; ils sont harmonisés.

Organes précis au sein d’un organisme ils créent de l’ordre. C’est Dieu qui les a mis au monde; à nous d’en tirer locon pour ordonner le territoire qui stétend sous nos pieds. Les V 1, V 2, V 3, etc… ne sont pius des engins de mort sinistrement célèbres, mais deviennent les types hiérarchisés des voies 1, voies 2, voies 3, voies 4, voies 5, voies 6, voies 7, capables de régler la circulation moderne.

La voie 1 (V 1)

Elle vient de loin, des provinces, et elle va loin, dans d’autres provinces. Elle a traversé les campagnes et elle traverse les villes.

La voie 2 (V 2)

C’est une création des ingénieurs de la circulation, un grand collecteur et conducteur de machines rapides: automobiles, autocars ou camions. En des points utiles, tous les 400 ou 800 mètres environ, des ronds-points spécialement imaginés permettent aux vèhicules ~e se orancner sur les voies 3 (V 3) qui sont des «voies de sectionnement et de distribution».

La V 2 peut etre tracée magistralement rectiligne ou agréablement sinueuse selon les circonstances.

La voie 3 (V 3)

Les V 3 ne sont parcourues que par des machines, autos, autocars, camions, motos, etc…, elles n’ont pas de trottoirs; il n’y a donc pas de piétons ici et par conséquent pas de portes qui ouvrent au long de lcur parcours. Elles courent à travers des verdures. Seules des «stations-service» y sont installées aux points utiles. Les V 3 alimenteront les V 4.

La voie 4 (V 4)

Ici se déroule la vie de famille et celle des personnes; ici est la rue vivante par excellence, la grande rue, la «GrandRue» des traditions.

Souvent la V4 épousera d’authentiques tracés: les anciens «chemins des anes», ces routes tranquilles, faciles, généralement sinueuses, nées, non point du génie humain, mais aboutissement de la simple, touchante et agréable marche des attelages accordée aux nuances memes de la topographie. Ces routes couvrent la terre d’un réseau harmonieux. Elles ont presque toujours pénétré à l’intérieur des villes. On les appelle «Main-Street» ou «Broadway» ou «Grand-Rue». C’est sur leur parcours que sont les services à la vie quotidienne: les nourritures (le marché, I’épicier, le boucher, le boulanger, etc.); I’entretien (I’électricien, le serrurier, le pharmacien, le dentiste, le cordonnier, I’uni-prix); les distractions (le cinéma, les bibliothèques, les salles de conférences, les cafés, etc.); la sécurité (la police). Et ainsi de suite…

Les voies 5 et 6 (V 5 et v 6)

La V 4 alimente la V 5. Celle-ci se dirige vers les maisons; ellesecomplèted’uneramificationV 6qui,en fin decompte, bute à la porte des maisons que la V 5 n’a pas touchées elle-meme.

La voie 6 (V 6)

La V 6 devient également la «rue intérieure» des unités d’habitation de cinquante mètres de haut, de ce que nous avons appelé des communes verticales; ici les rues intérieures se superposent et desservent les différents niveaux.

La voie 7 (V 7)

Reste la voie 7 dont la mission est particulière. Reliée aux V 6 et V 4, elle alimente les zones vertes réservées aux lieux et aux locaux consacrés à la culture du corps et de l’esprit, c’est-à-dire: les écoles, ies ateliers de jeunesse, les clubs, les terrains de sport, etc. Telle est l’organisation des sept voies.

  Fig. 8 Apparition d’un tissu urbain moderne: Urbanisme trois dimensions

Au long de la V 4 s’alignent les boutiques, les petits ateliers d’artisants, les cafés, les cinémas, etc… Ce sont des constructions à rez-de-chaussée, ou surpilotis à un ou deux étages élevées sur le c6té favorablement ensoleillé de la voie; au-devant est un très vaste trottoir planté d’arbres. On y circule, on y achète, on y discute, on s’assied aux terrasses des cafés. Ici stécoule la petite vie quotidienne, puérile mais équilibrée (A). Ce type de groupement urbain prend la forme d’une cité linéaire parcourant le paysage et puisant sa sève au long de son axe, là où passent les automobiles au ralenti, les vélos, là où sont les piétons sur les larges trottoirs à l’ombre des arbres.

Relié directement aux voies automobiles de distribution V 3 par le moyen d’un auto-port et au voisinage par une V 5, voici l’assembiage des «communes verticales» et des «hameaux verticaux», unités d’habitation de grandeur conforme. Les unes contiennent (B 1) 2000 personnes chacune, avec diversité éloquente d’appartements de grandeurs variées. (…).

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