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Architetture Sature

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Architetture Sature 1


È interessante il caso di Gerasa (Jerash in Giordania). Qui due diversi luoghi di culto, posti in perfetta adiacenza e senzaimage002.jpg soluzione della continuità, mostrano modi totalmente distinti di concepire lo spazio del recinto sacro. Ci si riferisce al santuario di Artemide, ed al complesso paleocristiano della Cattedrale. Il santuario, perpendicolare al cardo della città cui s’innesta con imponenti propilei, è a conclusione di un percorso processionale-architetturale ascendente verso il tempio. Il percorso possiamo immaginarlo iniziare dal ponte nord (che unisce le due parti di città), per poi dare accesso, attraverso un arco di trionfo a tre fornici, ad una piazza rettangolare colonnata che, a sua volta, s’apre su una piazza trapezoidale bordata da ninfei. Dai propilei ovest, sull’altro lato del cardo, una scalinata conduce alla terrazza intermedia (+12 m.), una seconda al témenos (+ 7 m.) dov’è il tempio d’Artemide-Tychè2. I lavori di costruzione durarono un tempo lunghissimo: nel 150 dopo Cristo non erano ancora ultimati (il culto della dea decadde prima dell’edificazione completa del gran colonnato del tempio periptero a sei colonne3). L’insieme dato dall’arco di trionfo, dalla piazza rettangolare e da quella trapezoidale con un’inversione del percorso d’accesso – nel VI sec. – diverrà una chiesa con atrio antistante, ciò secondo i noti modelli paleo-bizantini. L’inversione più sorprendente della concezione spaziale, però, la si troverà nella cosiddetta Cattedrale di Gerasa. In adiacenza al santuario di Artemide, e come questo innestato alla via colonnata, forse v’era un tempio dedicato a Dioniso (ricordiamo che nel IV secolo la città era sede vescovile e che nel V, i vecchi templi sono chiusi al culto, ma non demoliti).image004.jpgRecuperato l’ingresso monumentale del II secolo come entrata al complesso cristiano, il percorso ascende verso la cattedrale (posta, circa, in corrispondenza del primo terrazzamento del tempio d’Artemide) con inversione dell’ingresso rispetto al naturale accesso al luogo sacro. La scalinata (che conduceva a quello che doveva essere il basamento del recinto sacro) sbarca frontalmente all’abside della basilica; lì, esternamente, è la nicchia della Vergine. La basilica, un rettangolo di 42×23 m., ha gli ingressi laterali da due strette viuzze, ed un nartece in corrispondenza dell’entrata principale frontale. Quest’ultimo si affaccia sul cortile detto della fontana miracolosa la cui acqua, il giorno dell’Epifania, si trasformava in vino4. Nella successione spaziale altro episodio è martyrion basilicale dedicato a san Teodoro5, con abside rivolto alla fontana, entrate laterali da stretti percorsi paralleli ai lati maggiori, ingresso principale da un atrio colonnato. Due modi distinti di percepire lo spazio sacro, il santuario di Artemide visibile da tutta la città – quello cristiano chiuso su se stesso, difficilmente visibile dall’esterno6: il primo, un ampio e trasparente recinto colonnato, il secondo un asfittico recinto, fisicamente non permeabile. L’architettura paleobizantina riutilizza pezzi e luoghi della religione precedente, ma ne reinventa lo spazio. Vera inversione concettuale: uno spazio introverso ove anche la decorazione è, sovente, solo interna, però preziosissima ed applicata ad imponenti mura che all’esterno, probabilmente, restavano non intonacate. In una fase di transizione da una vecchia ad una nuova religione, la contrazione spaziale attuata è la messa in scena di un universo altro: una figurazione cosmologica – le massicce murature sono a sostenere lo splendore della rappresentazione simbolica della volta (celeste) 7. Si può supporre non estranea a tutto ciò l’eredità derivata dal recupero dell’immagine culturale-cultuale del Sol invinctus, appunto nel suo riciclaggio cristiano.

Nella tradizionale rappresentazione il Mitra tauroctono ha le gambe divaricate a 90°: la destra schiaccia la zampa posteriore del toro, la sinistra è piegata sul corpo dell’animale. Il dio blocca la testa del toro con la mano sinistra, e con la destra stringe un pugnale, rappresentato nell’istante precedente la penetrazione nel collo della bestia; un cane, sulla prosecuzione visiva dell’asse della gamba sinistra, è pronto a leccarne il sangue.

Mitra piega, quasi senza sforzo, il corpo dell’animale a 90°.

Quello di Mitra fu culto misterico ed iniziatico. Il dio è rappresentato, di solito, nell’atto di uccidere il toro ed in compagnia di un cane, un serpente, un corvo e uno scorpione. S’ipotizza l’iconografia mitraica essere una rappresentazione astronomica: gli animali sono chiaro riferimento alle costellazioni; il mitreo un’immagine dell’intero cosmo. L’uccisione del toro potrebbe essere il passaggio dall’equinozio di primavera che anticamente era nel Toro, all’equinozio in Ariete. Lo slittamento avviene per il potere che ha Mitra di muovere l’intero universo; quel cosmo che il dio ha rappresentato nel mantello svolazzante.

Di Mitra vi è un’altra rappresentazione tradizionale. È il nascente da una roccia che a forma di sfera è immagine del cosmo dal quale sorge il dio, ed il mitreo, ha il suo cielo stellato a rappresentare l’universo.

Quest’architettura introversa chiusa in se stessa non si esaurisce certo nei primi secoli dell’era cristiana. Potrei, allora, nominare il centro d’arti visive dell’università di Harvard (LC-1961), o il progetto non realizzato per un palazzo dei congressi a Strasburgo (LC-1964). Quest’ultimo come chiave (considerando anche il image006.jpgbasamento per il centro di calcolo Olivetti a Rho) per comprendere altri, più recenti, progetti. La Kunsthal di Koolhaas a Rotterdam 8 (1992), ad esempio, o dello stesso autore l’hotel+palazzo per congressi ad Agadir (1990).

Parlando d’architetture di superficie e non sotterranee 9, non sembri azzardato il richiamo al sacro luogo ipogeo del dio tauroctono; il massiccio aspetto esterno di molte chiese paleobizantine (forse con l’esclusione della splendente santa Sofia a Costantinopoli) potrebbe alludere all’esterno della “grotta”: ovvero alla montagna sacra! La volta lapidea della caverna iniziatica10 è, chiaramente, una rappresentazione cosmologica: al contrario di quanto è facile pensare è immagine della luce (e se quest’ultima è all’interno, ovviamente, all’esterno – nel mondo- sono le tenebre). Sotto altro aspetto si può considerare, quindi, la tecnica del mosaico come uno strumento finalizzato alla diffrazione della luce, insieme a distese di marmi colorati avvolgenti totalmente l’interno delle chiese.

È seguendo questa ipotesi di lettura dell’architettura chiesastica dei primi secoli che appaiono ancora più chiare le operazioni di trasformazione dell’eredità classica, cosiddetta pagana. Il fondamentale articolo di Jan Vaes11 in Lotus 65 racconta dell’originalità propria dell’architettura paleo-cristiana; ovvero la molteplicità delle tipologie pagane preesistenti; l’utilizzo di queste a sostegno (ciò anche in senso letterale!) degli sviluppi originali che si avranno dal terzo secolo in poi. Tra invenzioni, trasformazioni e sostituzioni di divinità e di luoghi sacri da queste abitati, con altre divinità e nuove dedicazioni per gli stessi luoghi, s’intuisce come la tendenza alla saturazione dello spazio paleo-bizantino abbia certamente un significato simbolico. Due esempi per tutti: la cattedrale di Efeso costruita in un’antica stoà (come modello per l’architettura cristiana sulle coste greche e dell’Asia minore 12); il tamponamento delle colonne della peristasi come nel duomo di Siracusa 13.

Motivi vari possono aver prodotto il riutilizzo d’edifici esistenti. Il più ovvio è che si trattava d’edifici esistenti, quindi pronti all’uso. È la re-inversione dello spazio simbolico, ovvero sacro – ciò anche in riferimento alle specifiche tecniche murarie tardo-imperiali. Andiamo per ordine. Ipotizziamo l’edificazione della chiesa paleocristiana come costruzione della caverna iniziatica non dimenticando che diverranno cripte luoghi come grottini, tombe, o mitrei. Un’architettura che controllando la luce attraverso l’introduzione d’imponenti masse murarie, sia in strutture preesistenti, sia nelle re-invenzioni tipologiche, pensa il mondo esterno come altro da sé.

Il complesso della cattedrale di Jerash, nel confronto con il santuario d’Artemide, è come una macchina metaforica entro cui fare ingresso solo dopo il rito iniziatico del battesimo.

L’acqua. Nel centro del sistema assiale del complesso di Gerasa c’è la vasca sacra: un’allegoria della fonte unica del Genesi da cui partono i quattro fiumi in direzione dei punti cardinali14 (una rappresentazione del paradiso terrestre, che come tale è dire la Gerusalemme celeste). Non estranea alla questione simbolica è la triplice cinta del complesso: due sistemi di murazione + una colonnata che potrebbero alludere a rappresentazioni di gerarchie iniziatiche, riferibili al Tempio di Salomone.

La fonte della riproduzione del miracolo della trasformazione dell’acqua in vino, posta in posizione centrale al percorso assiale è, anche, ombelico nel senso di centro del mondo (in molti altri complessi bizantini definibili a spazialità introversa, l’Asse sarà fisicamente individuabile in un elemento verticale). Allo stesso tempo è fons et origo, contenitore di tutte le possibilità dell’essere; origine, come ri-nascita dalle acque del Giordano e quel vino, il sangue delle teste recise del drago Behemot dopo l’immersione di Cristo.

Altre considerazioni meriterebbero farsi circa l’aspetto “quasi labirintico” del complesso con richiamo, ancora, alla simbologia della Gerusalemme celeste e della caverna iniziatica 15. Rispetto alla città romana, si ha un’inversione del percorso d’accesso ai luoghi sacri; dando le spalle alla via colonnata principale si costruisce una spazialità anticlassica: un sistema che è policentrico, ma anche centrato sulla fontana miracolosa. Il percorso d’attraversamento è “faticoso” e non aspirando a visioni assiali e centrali, induce a ragionamenti d’architettura circa la frammentazione dello spazio all’interno nelle grandi figure compositive pur nel risultato finale fortemente unitario16. Scelte progettuali anticlassiche nel senso d’evoluzione del classico!

Per l’accesso si recupera l’antecedente scalinata romana, ma in questo riutilizzo non si giunge direttamente all’ingresso principale del complesso cristiano ma ad una parete cieca con nicchia dedicata alla Vergine. L’insieme scalinata + parete cieca è un altro sistema allusivo dell’iniziazione, in questo caso cristiana, con l’accesso, come si diceva, non diretto ma labirintico. Il gradino che in quanto tale è gradus sta ad indicare, nella sua successione-evoluzione, uno sviluppo che è ovviamente graduale ed ascendente (e lo era anche la scala simbolica nella grotta mitraica): ovvero un’altra immagine del centro come lo sono, ad esempio, la figura della liana mitica, la ragnatela, l’Albero Cosmico, la scala di nuvole della maiestas Domini nell’abside dei SS. Cosma e Damiano, o il Pilastro Universale17.

Il Simón del Desierto (S.Simeone Stilita) di Buñuel mostra, il potere pubblicitario (e simbolico) del pilastro tanto da scomodare anche il Diavolo per indurre lo Stilita alla discesa, ma questi vi rimase (nella realtà storica) per oltre 40 anni divenendo centro d’attrazione e venerazione. In una immagine in argento sbalzato conservata al Louvre il Nostro è sulla colonna all’interno di una cesta, una scala inclinata è appoggiata alla colonna alla quale s’avvolge un grande serpente (che più che il Tentatore potrebbe image009.gif sembrare essere un simbolo cosmico) e poi, particolare interessante, una conchiglia sormonta la testa del santo. Il tutto come in un’immagine quasi orientale, in cui l’animale è forza serpentina (kundalini letteralmente significa ‘arrotolata’) in ascesa lungo la susumna18 per giungere al sahasraracakra, che in questo caso ha forma di conchiglia di san Giacomo. La stessa che dice di un altro lungo percorso – quello che conduce a Compostela – la medesima conchiglia la si ritrova nelle trombe della Cappella dei Pazzi presso Santa Croce a Firenze, o in quelle della Sacrestia Vecchia di San Lorenzo (e in tanti altri esempi!).

image011.jpgA Qal’at Sim’an, tra Aleppo ed Antiochia, alla fine del V secolo intorno alla colonna del nostro Simeone Stilita il Vecchio (382-459 c.) fu costruito, finanziato dall’imperatore Zenone, un enorme santuario commemorativo per accogliere le immense folle dei pellegrini. Il santuario cruciforme è centrato sulla colonna di cui ancor oggi c’è il basamento.

Le quattro braccia (da est ad ovest m.95 c., da nord a sud m.85 c.) s’innestano, radiali alla colonna, a formare un luogo centrale di forma ottagonale (in origine, forse, anche coperto con capriate lignee). La forma cruciforme in quel periodo era già stata usata in altre occasioni: il martyrium di Nissa costruito da san Gregorio di Nissa nel 380, o quello di san Babila eretto nel 381 a Antiochia-Kaoussié.

image013.jpgLa forma centrale ottagonale verso cui convergono aule e basiliche di questi complessi introversi tornerà, ad esempio, nel monastero di San Simeone Stilita il Giovane sulla Montagna Sacra vicino ad Antiochia, costruito tra il 541 e il 565.

L’insieme dato dalla croce più l’elemento perpendicolare posto al centro delle sue braccia (la pianta cruciforme con colonna) nella tradizione vedica è immagine connessa alla rappresentazione solare: l’astro con sette raggi di cui sei, opposti due a due, a formare una croce tridimensionale19, ed il settimo – non raffigurabile – passante per il centro a rappresentare la via di comunicazione con piani soprasolari.

L’ottagono, come perno del sistema radiale spaziale, assume un valore talmente importante che non sfuggirà (e non a caso) a Cerdá nella costruzione del piano per Barcellona. L’ottagono, come figura geometrica intermedia tra quadrato e cerchio (ovvero tra terra e cielo), è l’elemento di transizione da una condizione inferiore ad una superiore. Schematicamente: se la cupola è a pianta circolare, e il suo basamento quadrato, il passaggio attraverso le trombe (o pennacchi) ha la figura dell’ottagono. Medesima cosa avviene in molti campanili: tra il parallelepipedo a pianta quadrata e la cuspide conica, sarà un ottagono a mediare il passaggio; si potrebbe continuare con i battisteri e relativo riferimento alla ogdoade patristica, o ricordando la Torre dei Venti ad Atene nella ricostruzione del Cesariano, ecc.

L’unione geometrica tra croce ed ottagono dell’architettura bizantina necessariamente ci riconduce al cruceros di Cerdá come forma simbolica ed originaria dell’infinita trama urbana specifica del progetto per Barcellona. La maglia di questa città è un esempio di trama compatta simbolica ove un nucleo centrale chiuso iterato ad libitum ha come risultato (insospettabile in principio) l’assoluta libertà del piano e della forma. Libertà nella tradizione?20.

Riferendosi ancora una volta alle piante compatte di LC si può notare come queste generino un forte grado di libertà interna, cosa non sempre ottenibile con piante “razionali”; medesime considerazioni si posson fare considerando le piante del Monastero Bianco e del Monastero Rosso in Egitto: riferimenti quasi lecorbusieriani! Anche qui all’interno di una stretta regola che produce una spazialità completamente rivolta in sé stessa, i gradi di libertà (formale e spaziale) sembrano molteplici. Ciò al pari dell’interessante tipologia della basilica ad abside doppio alla quale, io ipotizzo, si siano riferite alcune grandi composizioni del razionalismo italiano (leggi Terragni). Trattasi, in altri termini, della costruzione di un’architettura come «città analoga» che simultaneamente allude ad un analogo extra-mondano (o mitico) ed alle necessità pratiche dell’architettura come casa dell’uomo.

LUCA FALCONI DI FRANCESCO


1 Comunicazione tenuta il 30 novembre 2000 presso il Lab. Prog.arch. III del prof. G.Barbieri, Facoltà di Architettura di Pescara.

2 L’istallazione del tempio di Artemide risale all’epoca di Antonio.

3I pezzi furono, probabilmente, riutilizzati per l’ adiacente complesso della cattedrale e della chiesa di san Teodoro.

4Ogni anno il vescovo presiedeva seduto su di una cattedra, andata distrutta con la costruzione di san Teodoro, alla rievocazione delle nozze di Cana; una canalizzazione che collegava la fontana con la residenza del clero permetteva la riproduzione del miracolo.

5Da una iscrizione posta sul portale si legge che l’edificio fu costruito per volontà dell’arciprete Aene nel 494.

6MANGO Cyril, Architettura bizantina. Electa Editrice, pag.30.

7Si pensi a San Vittore in Ciel d’Oro a Milano, o alla Croce dorata nel mausoleo di Gallia Placidia a Ravenna.

8FALCONI DI FRANCESCO Luca, in Micro-Urbanistiche-Architettoniche.

9FALCONI DI FRANCESCO Luca, in Sotterraneo O Semisotterraneo ?.

10La religione mitraica era un culto iniziatico.

11VAES Jean, Riutilizzazione cristiana di edifici dell’antichità classica. Un atlante. Lotus 65/1990.

12VAES Jean, Op.cit. pag.26.

13La cattedrale di Siracusa, (fu) edificata sul perimetro dell’antico tempio dedicato ad Atena, costruito nel V secolo a.C. Si tratta di un tempio dorico periptero di 6x 14 colonne, su stilobate rettangolare di 22 x 55 metri, fatto erigere da Gelone e dal fratello Gerone dopo la vittoria riportata sui cartaginesi.

La costruzione di una basilica cristiana su un terreno precedentemente occupato da un tempio greco non è un fatto particolarmente sorprendente. I luoghi sacri sono spesso tali da tempi remoti, e tali rimangono pur cambiando gli dei che in essi si venerano. Ciò che colpisce in questo caso è che la basilica cristiana a tre navate e il tempio greco periptero sono letteralmente lo stesso edificio: vale a dire che si innalzano sulla stessa pianta, le rispettive componenti hanno le stesse dimensioni e sono costituiti dagli stessi elementi materiali. Questo fatto appare con estrema evidenza, quasi una rivelazione, quando si percorre la navata laterale della basilica. Semi-incastonate nel muro perimetrale della chiesa si trovano alcune poderose colonne scanalate di 8,71 metri di altezza e 1,92 metri di diametro inferiore, che formano una successione insolita ed enigmatica.

Sul lato opposto, si erige un muro di divisione rispetto alla navata centrale, omogeneo e privo di articolazioni, su cui sono state praticate una serie di aperture ad arco che assicurano il collegamento tra le due navate. Queste anomalie generano, in un primo momento, confusione e sorpresa, finché improvvisamente troviamo la chiave della loro spiegazione. Comprendiamo allora che stiamo percorrendo la peristasi dell’antico tempio e che la navata centrale che intravediamo attraverso gli archi altro non è che la sua cella primitiva.

Due semplici operazioni sono alla base di questa trasformazione: la muratura degli intercolumni della peristasi, che ne interrompe la comunicazione con l’esterno, e le forature modulari della parete della cella che servono a stabilire la necessaria permeabilità tra le navate. Gli attributi di chiusura e di continuità che, nel tempio dorico, appartengono alla cella, vengono assunti nella basilica dalle pareti esterne delle navate laterali. Viceversa, gli attributi di apertura e discontinuità propri della peristasi, nella basilica caratterizzano la navata centrale. Una sorta di simmetria polare o di opposizione denota, in questo caso, la trasformazione dell’edificio.

Un tipo deriva dunque dall’altro, per un meccanismo di inversione. Come in un gioco di prestigio, mediante un semplice movimento si ottiene la sostituzione di un oggetto, al cui posto ne appare uno nuovo, del tutto imprevisto. Di conseguenza, due forme apparentemente tanto diverse, come la forma del tempio periptero e quella della basilica, finiscono per mostrare la loro profonda identità.

MARTÍ ARÍS Carlos, Le variazioni dell’identità. Il tipo in architettura. Citta Studi, Milano 1994. Pgg.114-115.

14Si pensi alla Topografia paradisi terrestris di Kircher.

15È utile ricordare che il percorrere i labirinti rappresentati sui pavimenti delle chiese era sostitutivo del pellegrinaggio in Terra santa.

16Ciò, come già detto circa esempi lecorbuseriani e senza voler ricordare il significato del viaggio in oriente per LC.

17Si veda anche la montagna come scala per l’ascensione di Cristo dell’avorio con scena di ascensione al Munich, Bayersche Nationalmuseum; l’immagine riprodotta è in Aurea Roma. Dalla città pagana alla città cristiana; catalogo della mostra. Ed. L’Erma, Roma 2000; pag.611.

18Il canale centrale attraverso cui sale kundalini. Lungo la s. sono disposti i sette cakra.

19Le braccia della croce tridimensionale che sono sul piano orizzontale stanno a rappresentare il mondo terrestre, le barccia perpendicolari a questo piano l’Asse del Mondo.

20 Luca Falconi Di Francesco, 5 giornate barcellonesi + una.CNR n° 203.07.26. Ricerca svolta sotto la direzione del Prof. Arch. Carlos Martí Arís Departament de Projectes d’Arquitectura de la Universitat Politècnica de Catalunya. Barcellona 1998.